30 Novembre 2010
SALVIAMO IL ROSSISSIMO REGGIANO CHE DÀ COLORE AI GRANDI VINI ITALIANI



I grandi vini italiani, dal Trentino alla Sicilia, hanno bisogno del Rossissimo teinteur reggiano per raggiungere la loro rinomata qualità ed eccezionalità e può essere utilizzato solo se viene dichiarato prodotto enologico.

La parte qualitativamente migliore della produzione del Rossissimo deve ricevere la denominazione di prodotto enologico, da parte dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV). È questo il progetto che Coldiretti ha messo in campo per ridare valore al vino reggiano, ottenuto dalla vinificazione dell’uva Ancellotta, tipica di soli 5-6 comuni in tutto il mondo e che rappresenta oltre il 50% della produzione viticola dell’intera provincia.
Tra gli utilizzatori storici del Rossissimo, destinato a migliorare il punto di colore dei vini che ne sono carenti, ci sono anche i trasformatori dei vini italiani più prestigiosi che ora, in base ai nuovi disciplinari, non lo possono più utilizzare mettendo così a rischio la loro trasformazione e il loro posizionamento sul mercato.
Coldiretti ha formulato un progetto per risolvere il problema e dare maggiore reddito a tutti i viticoltori della provincia. Circa il 30% della produzione locale migliore di Ancellotta, quella che viene prodotta solo nei comuni vocati e che quindi, per qualità territoriale, si fregia di caratteristiche organolettiche eccellenti, deve cambiare nome ed essere rindefinita “prodotto enologico”, solo così si può sdoganare all’interno dei disciplinari delle produzioni Doc italiane ed aprirsi verso mercati internazionali emergenti e già consolidati.
“Il progetto di Coldiretti – commenta il direttore di Coldiretti Giovanni Pasquali – ridarà valore commerciale al Rossissimo di cui si produce nella nostra provincia per 750 mila quintali di uva circa. I bilanci che stanno presentando le cantine sociali in questi giorni si attestano su una remunerazione media di circa 23,5 euro al quintale per un costo di produzione pari a 24 euro – considera Pasquali. I viticoltori sono in forte sofferenza già da diversi anni ed è necessario invertire la tendenza perché le imprese si possano riprendere”. Storicamente un buon prezzo del Rossissimo trascina in un trend positivo anche il prezzo del Lambrusco e migliorerebbe così anche il margine percepito dai viticoltori locali.
“Oggi il ricavo percepito dai produttori sulle uve destinate a Rossissimo è di circa 30 euro al quintale contro i 45-50 euro del 2003. Il leggero aumento di questo ultimo periodo – interviene il presidente di Coldiretti Marino Zani – è stato possibile anche grazie all’attività del neo nato Consorzio del Rossissimo, che aspettavamo da oltre un decennio e che rappresenta un primo passo verso una maggiore forza contrattuale dei produttori. Anche se cercare nuovi sbocchi di mercato deve rappresentare solo l’inizio di un percorso che assicuri un coordinamento della produzione e un aggiornamento delle tecniche gestionali e produttive. Il Rossissimo è un vino non destinato al consumo diretto ed è principalmente utilizzato come aiuto nelle annate in cui le condizioni climatiche non hanno sostenuto la produzione di colore. Ridargli la possibilità di essere utilizzato dai grandi vini italiani gli garantisce una dignità commerciale a cui farà seguito un buon prezzo e quindi compensi adeguati ai produttori”.
Da sempre considerata una produzione senza valore alla quale non dare importanza e sulla quale non investire quella del Rossissimo è l’unica che, in realtà, anche nei momenti di maggiore difficoltà economica del settore vitivinicolo, riesce a strappare prezzi di mercato accettabili.

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