16 Febbraio 2011
PRESENTATI I DATI 2010 DEL SISTEMA DI ALLERTA RAPIDO PER ALIMENTI E MANGIMI

Va alla Cina il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea. E’ quanto emerge dai dati 2010 del Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi. Il Rasff è uno strumento importante dell'Unione europea che consente uno scambio di informazioni rapido ed efficace tra gli Stati membri e la Commissione nei casi in cui si rilevino rischi per la salute umana nella filiera degli alimenti e dei mangimi. In quanto tale è uno specchio non esaustivo ma potenzialmente interessante della situazione mondiale dei rischi alimentari. Secondo i rilevamenti del Rasff per il 2010, i prodotti su cui si è avuto il maggior numero di allerta provengono da Paesi terzi rispetto all’Ue: ai primi posti in quanto a numero di segnalazioni Cina, India e Turchia, seguite da Argentina e Stati Uniti, mentre attendere bisogna arrivare alla sesta posizione della classifica per trovare uno Stato europeo, la Germania. Su un totale di 3.291 allerta, ben 418 riguardano prodotti cinesi, 250 prodotti indiani e 248 prodotti provenienti dalla Turchia, per un totale di 916 notifiche, ovvero il 28% circa delle notifiche totali, più di un quarto. Dati che trovano conferma anche quando si analizzano nello specifico le categorie di rischio che hanno riscontrato il maggior numero di notifiche. La principale categoria di rischio risulta essere infatti, così come per il 2009, quella delle aflatossine ed altre micotossine, con 679 notifiche; come per l’anno precedente il Paese che più “sgarra” è la Turchia, con 113 notifiche, ma sono in cima alla lista sia l’India (110) che la Cina (80), estromessa dal “podio” dall’Argentina, con ben 102 notifiche. Situazione analoga per quanto riguarda i residui da fitofarmaci, dove ancora una volta la Turchia si conferma in testa fra i “peggiori esportatori”: su un totale di 284 notifiche se ne aggiudica 50, seguita dall’India con 37, mentre la Cina si limita a 5. Quest’ultima però non si risparmia nell’esportazione di prodotti contenenti metalli pesanti, e ad un totale di 251 contribuisce con ben 76 notifiche, oltre il 30% (anche se in questo caso è un Paese europeo, la Spagna, a seguirla con 46 notifiche), primato che aveva ottenuto anche l’anno precedente. Fra le categorie di rischio maggiori, quindi, solo quella dei microorganismi potenzialmente patogeni, quali Salmonella, Listeria ed Escherichia coli, non vede la supremazia incontrastata dei Paesi terzi, che pur attestandosi su percentuali alte cedono il passo a Paesi comunitari come Germania e Francia. L’Italia rimane invece in decima posizione con 113 notifiche (132), ed è quarto fra i Paesi europei, dopo la Germania con 144 (209), la Spagna con 132 (147) e la Francia con 115 (125). Un risultato confortante, se si considerano l’elevato regime di produzione di beni alimentari del Paese, ma anche e soprattutto i significativi ed efficienti sistemi di controllo di cui dispone; infatti su 113 notifiche ben 61, quindi più del doppio, sono state eseguite proprio dagli organi di controllo italiani.Risulta evidente il maggior livello di rischio dei prodotti provenienti da Paesi esterni all’Unione europea, in particolare i Paesi dove il livello di controllo dei prodotti da esportare non segue gli stessi standard qualitativi e professionali della maggior parte degli Stati membri, i cui prodotti vengono invece sottoposti a rigidi controlli sul mercato prima della commercializzazione o dell’esportazione in altri Paesi.
L’Unione europea è orientata ad aumentare i controlli sui prodotti maggiormente a rischio in relazione al Paese di provenienza; ma, stando ai dati, il 2010 non sembra aver fatto alcun passo avanti in questa tendenza, né aver diminuito il peso dei prodotti extra-comunitari sul rischio alimentare dei prodotti che possono circolare liberamente (e a volte senza alcun particolare avviso) sulle nostre tavole. “La spinta verso la crescita dell’economia cinese ha determinato conseguenze sul piano della sicurezza alimentare ed ambientale i cui effetti - commenta la Coldiretti - sono ricaduti sull’intero pianeta. Lo scandalo della presenza di melamina nel latte che ha portato morti per avvelenamento e paura nei diversi continenti è la conseguenza di una politica di contenimento esasperato dei costi, legittimati sull’altare di un libero mercato senza regole. La globalizzazione dei mercati, a cui non ha fatto seguito quella della politica, ha portato ad un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza  che ha drammaticamente legittimato la derubricazione del tema cibo fino a farlo considerare una merce qualsiasi,  come fosse un aspirapolvere o un frigorifero con effetti rischiano di provocare una rincorsa al ribasso con effetti drammatici come dimostrano i recenti casi dei maiali e dei polli alla diossina in Germania”
 

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