15 Dicembre 2011
LETTO PER VOI DI STEFANO MASINI

Ripartiamo dalla bellezza per fare crescere la nostra economia.
di Stefano Masini

Forse potrebbe apparire distante dall’interesse ad organizzare e consolidare una filiera economica diretta, in modo alternativo alla grande distribuzione, alla soddisfazione dei bisogni e i desideri dei consumatori in termini di salute e benessere oltre che di conoscenza e trasparenza, soffermarsi, con qualche considerazione, su un libro dedicato al significato della bellezza ed alle controverse analisi intorno al giudizio estetico, al fine di cercare il posto che tale concetto occupa nella nostra vita (Roger Scruton, La bellezza. Ragione ed esperienza estetica, Ed. Vita E Pensiero, Milano 2011, p. 181, € 16).
Si può, però, partire da un’annotazione rilevante, soprattutto, nell’ambito economico: vale a dire che il nostro Paese continuerà ad essere contrassegnato esternamente e a differenziarsi per la sua cultura della qualità. Il made in Italy¸ generato dal modo di vivere, si presta, in questo senso, a valorizzare la nostra capacità di progettare abiti e calzature che prestano attenzione alle caratteristiche del corpo o prodotti alimentari che soddisfano il gusto e premiano l’identità. Dalle radici del bello possiamo, forse, far ripartire la nostra economia.
L’interrogativo sollevato è, per altro, se si possa procedere alla ricerca del bello secondo standard stabiliti che non risultano dalla prevalenza di gusti o inclinazioni della moda. E ciò nell’arte, nella musica, nell’architettura o, per quanto interessa, nel paesaggio o nell’alimentazione. L’Autore ritiene, a ragione, che la bellezza sia un valore reale così profondamente radicato nella natura razionale dell’uomo, da contrassegnarne profondamente l’esperienza. E, al di là delle motivazioni che ne supportano il fondamento in base al pensiero dei filosofi, da Platone a Kant, a noi interessa attardarci più concretamente, su qualche spunto utile a focalizzare il ruolo dell’agricoltura nell’economia della conoscenza.
A partire dall’attenzione al contesto in cui si svolgono normalmente le attività produttive e trova espressione il desiderio di ordine e di armonia e, cioè, il territorio: quando esso ha una propria originale configurazione ed è il risultato del lavoro dell’agricoltore riveste indubbiamente un valore estetico. Il paesaggio agrario è fatto, appunto, di una serie indefinita di bellezze minimali che sono “di gran lunga più importanti...e più profondamente coinvolte nelle nostre decisioni razionali di quanto non lo siano le grandi opere” (p.18).
Quante volte, del resto, scopriamo che proprio riguardo agli edifici rurali la funzione architettonica sia strettamente collegata allo scopo estetico tanto da esprimere una perfetta misura di equilibrio con lo spazio circostante?
In modo più o meno consapevole, gli agricoltori hanno nel tempo plasmato un paesaggio che non è inanimato e, perciò, da vincolare come oggetto di contemplazione e tale da poter sfuggire dalla realtà economica in continua trasformazione. La sua immagine deriva, infatti, dal lavoro e dagli investimenti e la sua tutela richiede il sostegno dell’opera degli agricoltori per la disposizione delle colture, dei muretti, dei fossi e delle strade.
Anche i sensi, cambiando prospettiva, sono coinvolti nell’esperienza della bellezza. Scrive l’Autore: “non ci sono forse belle fragranze e bei sapori come pure belle vedute e bei suoni?” (p. 28). Egli , però, svaluta la sensazione che riceviamo dal cibo rispetto alla presentazione di suoni, parole o note, dimenticando come la nostra immaginazione possa coinvolgere e catturare attraverso gli odori l’esistenza vissuta e stimolare interessi per un buon cibo associato ad un bel paesaggio.
In fondo, per tornare alla realtà, quando passeggiamo tra i banchi di frutta esposti nei mercati di vendita diretta o nelle botteghe degli agricoltori quelle fragranze (e quei colori) non ci portano a ricostruire un’esperienza meno complicata ma più romantica e bella di quella che viviamo in un supermercato affollato, asettico e artificialmente profumato?

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