12 Maggio 2014
FOCUS: MADE IN ITALY

Sono i prodotti emiliano romagnoli quelli più colpiti dall’aumento delle frodi alimentari in Italia, che negli ultimi cinque anni sono più che triplicate, con un incremento record del 248 per cento del valore di cibi e bevande sequestrati perché adulterati, contraffatti o falsificati. Nel mirino dei truffatori e dei falsificatori ci sono prodotti dell’Emilia Romagna sia a denominazione di origine come il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di Parma e di Modena, il riso Igp del Delta del Po, l’aglio Dop di Voghiera, sia prodotti meno blasonati, come il pomodoro, il latte a lunga conservazione e le patate, oggetto queste ultime di una recente denuncia per prodotto d’importazione spacciato per italiano sul mercato nazionale.
E’ quanto afferma Coldiretti regionale sottolineando l’importanza della decisione annunciata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha accolto la richiesta presentata dal presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, di togliere il segreto e di rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero, anche per combattere inganni e sofisticazioni.
“La decisione del ministro – ha detto il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – è anche il risultato della grande battaglia di Natale che Coldiretti ha svolto con manifestazioni al Brennero e a Reggio Emilia proprio per denunciare il flusso di prodotti alimentari anonimi che arrivano dall’estero e che rischiano di diventare italiani con molta facilità”.
Gli ottimi risultati dell'attività dei Nas confermano l'efficacia del sistema di controlli in Italia – commenta Coldiretti – e tali controlli non possono che essere agevolati da una maggiore trasparenza dei flussi delle importazioni agroalimentari, che in Emilia Romagna sono in costante aumento, visto che nel 2012 abbiamo importato prodotti per 6.359 milioni di euro, il 45% in più del 2007, anno di inizio della crisi economica.
“L’80% degli allarmi alimentari – ha ricordato il direttore regionale di Coldiretti, Marco Allaria Olivieri – deriva da prodotti low cost di importazione, che riguardano anche le imitazioni dei prodotti più tipici dell’Emilia Romagna, come il Parmigiano Reggiano, che soffre la concorrenza sleale dei similgrana le cui importazioni in Italia sono raddoppiate negli ultimi dieci anni. Mentre nella sola Emilia Romagna le importazioni di prodotti lattiero-caseari sono passate dai 295 milioni di euro del 2006  ai 356 milioni di euro del 2012”.
I similgrana – rileva la Coldiretti – arrivano in Italia soprattutto dall’Europa a partire dalla Germania (8,3 milioni di chili) e dalla Repubblica Ceca (8,1 milioni di chili) anche se in forte crescita risulta essere l’Ungheria dalla quale sono giunti ben 2,7 milioni di chili, pari al 10 per cento del totale delle importazioni.
Un problema analogo – continua Coldiretti – riguarda i prosciutti che in quattro casi su cinque, tra quelli venduti in Italia, provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta e con l'uso di indicazioni fuorvianti, come “nostrano”, che ingannano il consumatore sulla reale origine. Il problema – sottolinea Coldiretti – riguarda sia il prosciutto crudo sia quello cotto, per il quale si stima la provenienza straniera in una percentuale superiore al 90 per cento. Le caratteristiche di questi prodotti sono profondamente diverse da quelli a denominazione di origine come il Parma e il Modena che sono ottenuti da allevamenti italiani regolamentati sulla base di rigidi disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea.
Tra i prodotti dell’Emilia Romagna a rischio – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – ci sono anche il pomodoro, di cui la nostra regione è uno dei principali produttori nazionali, che deve però vedersela con gli 85 milioni di chili “irregolari” a causa dei residui chimici, importati nel 2012 in Italia; il riso Igp del Delta del Po, che deve confrontarsi con importazioni come quelle provenienti dagli Stati Uniti (+12% nel 2012) a rischio Ogm; l’aglio Dop di Voghiera che subisce una concorrenza fortissima dell’aglio di importazione, in particolare quello argentino per il 25% dei casi risultato irregolare per la presenza di residui chimici, e, infine, le patate: l’Emilia Romagna ne importa per un valore pari a 20 milioni, poco meno della metà dei 47,2 milioni prodotti sul suo territorio.

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