Ancora un caso emblematico di falso Made in italy nel mondo: il Consorzio di tutela del radicchio Igp di Treviso denuncia che a New York è stato commercializzato del falso radicchio Igp. In barba a tutte le regole sulla tutela comunitaria del prodotto, il prodotto porta un’etichetta dove è scritto “Radicchio Treviso, grown in Holland, eat right America” ed è in vendita promozionale a 9,99 dollari in un negozio di ortofrutta.
Nonostante da uno studio Coldiretti-Eurispes sia emerso come il falso Made in Italy copra oltre il 75% del mercato mondiale, sottraendo enormi possibilità di export alle nostre aziende, finora si pensava che il fenomeno fosse limitato a cibi “simbolo” (come il Parmigiano) e facilmente conservabili. Ma che addirittura la contraffazione potesse arrivare a prodotti freschi, deperibili e oltretutto meno facilmente riconoscibili dal consumatore, sembrava impossibile.
E invece è successo. Segno che i prodotti agroalimentari italiani sono apprezzati in tutto il mondo e senza differenze o barriere tra le varie tipologie; ma anche che qualcuno sta lucrando su un brand che non è suo. E l’episodio assume contorni ancora più inquietanti se i concorrenti sleali non sono paesi terzi, ma membri della stessa Unione Europea.
Gli studi che si sono occupati del falso Made in Italy nel mondo sono diversi: si va dal rapporto Censis del 2009 (“Il fenomeno della contraffazione nel mondo e le ricadute sul mercato italiano”), a quello di Coldiretti ed Eurispes del 2011. All’estero, oltre il 70% delle paste di grano duro sarebbero “taroccate”, l’85% degli aceti e il 54% del prosciutto crudo. A livello mondiale, le stime indicano che il giro d’affari dell’Italian sounding superi i 60 miliardi di euro l’anno (164 milioni di euro al giorno), cifra 2,6 volte superiore rispetto all’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23,3 miliardi di euro nel 2009).
2 Maggio 2012
AGROPIRATERIA: NEL MIRINO IL RADICCHIO IGP