2 Agosto 2017
DANNI DA SICCITA’

Salgono ad oltre 250 milioni di euro le perdite provocate in Emilia Romagna alle coltivazioni e agli allevamenti da un andamento climatico del 2017 che si classifica al secondo posto tra i più caldi e siccitosi dal 1800. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti Emilia Romagna che evidenzia come a soffrire sono ormai le principali colture dal pomodoro al mais, dalla barbabietola ai foraggi, che hanno visto drasticamente ridotta la produttività.

«A parte i cereali vernini come il grano o l’orzo – interviene il direttore della Coldiretti di Reggio Emilia Assuero Zampini - tutte le altre coltivazioni del nostro territorio hanno subito lo stress della mancanza di precipitazioni e risentito della siccità, compensata nelle zone di pianura dalla continua attività di irrigazione svolta dagli agricoltori riuscendo a limitare i danni. Anche se il calo produttivo – continua Zampini – potrebbe essere compensato dall’alta qualità delle produzioni se non fosse per i prezzi pagati sul mercato che non ne riconoscono le caratteristiche e non ripagano i costi di produzione».
La perdita diretta di produzione si può stimare – sottolinea Coldiretti Reggio Emilia - fra il 15/20% su mais e il 30% sulle foraggere, stabile la produzione per vigneti e frutteti laddove non hanno subito danni da grandine, trombe d’aria o dalla gelata di questa primavera. In difficoltà anche gli allevamenti, sia per il minor raccolto di foraggio, sia per il calo della produzione di latte fino al 20% in meno causato nelle mucche dal caldo eccessivo.
A questi danni diretti si sommano quelli indiretti derivati dal notevole incremento dei costi per il carburante per il funzionamento di pompe e trattori impiegati per le irrigazioni.
«Questo incremento di costi – ricorda il direttore Zampini - ci ha indotto a richiedere, e ad ottenere, un supplemento di assegnazione di carburante alle imprese per compensare i maggiori consumi con ripercussioni negative sui costi di produzione».

Situazione assolutamente drammatica è invece quella della val d’Enza. «Le imprese agricole del comprensorio si sono trovate sin dal mese di maggio in carenza idrica costante – sottolinea Zampini – per arrivare alla settimana scorsa con la totale interruzione delle erogazioni d’acqua. La perdita della maggior parte della produzione di foraggi ha già costretto alcune aziende ad utilizzare per l’alimentazione delle bovine quello stoccato per il periodo invernale».
L’aumento delle temperature estive, gli sfasamenti stagionali con autunno caldo e primavera anticipata, il più elevato numero di giorni consecutivi con temperature elevate e soprattutto la modificazione della distribuzione delle piogge e l’aumento dell’intensità delle precipitazioni sono gli effetti dei cambiamenti climatici che – afferma Coldiretti reggiana – richiedono interventi strutturali.

«La cronica mancanza di irrigazione ha provocato un abbassamento delle falde lasciando a secco anche i pozzi che normalmente sono riforniti dall’irrigazione – testimonia il direttore Zampini. Lo stop delle irrigazioni pregiudica definitivamente la produzione di foraggio della Val d’Enza compromettendo in modo irreversibile i prati stabili. La soluzione del rifornimento idrico non va più rimandata perchè fondamentale per la sopravvivenza delle imprese agricole del comprensorio».

«È da gennaio che precisiamo – evidenza Zampini della Coldiretti di Reggio Emilia - che tutte le analisi effettuate consideravano questa annata problematica in relazione alle modeste piogge e purtroppo le previsioni si sono concretizzate. Come già sollecitato l’acqua dei bacini montani andava gestita per tempo; soluzione non certamente esaustiva o risolutiva del problema ma almeno in grado di rendere disponibile una riserva che ora avrebbe un valore immenso per salvare i prati stabili. La gestione dei bacini montani, come ad esempio il Lagastrello, va attivata subito assieme alla verifica lungo l’asta fluviale della realizzazione di piccoli invasi da utilizzare nei periodi di maggiore difficoltà e nel contempo studiata la soluzione per un bacino di più ampie dimensioni per risolvere definitivamente una carenza storica del comprensorio».

Nel 2005 – ricorda Coldiretti – il Piano regionale di Tutela delle Acque aveva lanciato il censimento delle aree idonee a creare bacini per raccogliere le acque nei periodi piovosi ed erano state individuate cave e casse di espansione da utilizzare come depositi di acqua per far fronte nei periodi siccitosi ai cali di portata dei fiumi, in particolare del Po da cui deriva il 70% dell’acqua utilizzata per l’irrigazione nella nostra regione.
Il censimento è restato di fatto lettera morta e così stiamo pagando caro i ritardi della realizzazione del piano. Non è più possibile – conclude Coldiretti Reggio Emilia  – continuare a parlare sempre di emergenza: dobbiamo essere capaci di prevenire realizzando gli interventi per accumulare le acque che il cielo ci manda nei periodi di pioggia.

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