Fare i nomi delle aziende coinvolte, pubblicare come in Francia subito l’elenco dei prodotti interessati e togliere il segreto sulla destinazione finale di tutti i prodotti alimentari importati rendendo finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero. È quanto chiede il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo dal Meeting di Rimini nel commentare l’annuncio del Ministero della Salute sul fatto che due campionamenti di uova, prodotti derivati e alimenti che li contengono, sono risultati positivi al Fipronil a completamento delle analisi effettuate ad oggi dagli Istituti Zooprofilattici su 114 del numero totale di campioni oggetto di monitoraggio in Italia e pervenuti.
«Di fronte alle emergenze sanitarie provenienti dall’estero che purtroppo continuano a ripetersi nell’alimentare– precisa Assuero Zampini direttore della Coldiretti di Reggio Emilia - occorre intervenire subito con la trasparenza dell’informazione che da sola è in grado di chiarire e quindi evitare allarmismi che danneggiano imprese e consumatori».
Lo scandalo delle uova contaminate con l’insetticida Fipronil e commercializzate in Europa – sottolinea la Coldiretti - riguarda esclusivamente quelle importate dall’estero. Le uova italiane possono essere tranquillamente riconosciute poiché è presente l’indicazione di origine su ogni guscio anche se è necessario migliorarne la visibilità scrivendo chiaramente per esteso, anche sulle confezioni e sui cartoni, da dove arrivano.
«La produzione nazionale di 12,9 miliardi di uova è sicura ed in grado di soddisfare praticamente l’intero fabbisogno nazionale – commenta Zampini di Coldiretti - senza ricorrere alle importazioni. Più della metà della produzione è concentrata nel Nord Italia con un 21% in Emilia Romagna. A Reggio Emilia sono diverse le aziende che producono uova di gallina due delle quali le vedono direttamente con la garanzia di Campana Amica che ne certifica
Nonostante l’Italia sia autosufficiente nei primi cinque mesi del 2017 ha importato dall’Olanda 610mila chili di uova in guscio di gallina ai quali si aggiungono però anche 648mila chili di derivati come uova sgusciate e tuorli freschi, essiccati, congelati o diversamente conservati mentre non sono quantificabili gli alimenti venduti come paste e dolci realizzati con le uova a rischio, secondo una analisi della Coldiretti su dati Istat. Gli italiani – conclude la Coldiretti - consumano in media circa 215 uova a testa all’anno, di cui 140 tal quali mentre le restanti sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari.
Sul guscio delle uova di gallina – spiega la Coldiretti – ora è indicato un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT per Italia), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia ed infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono - conclude la Coldiretti - quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).
21 Agosto 2017
UOVA CONTAMINATE: PUBBLICARE LISTA AZIENDE COINVOLTE